sabato 4 luglio 2015

LA PRINCIPESSA JANA E I NANI DI VALMARANA


 
Giovanni Antonio Fasolo - ritratto della famiglia Valmarana
Pinacoteca Palazzo Chiericati - Vicenza


Questa volta vi racconto


una delle più note ed antiche leggende vicentine

Quella della principessa Jana e dei nani di Villa Valmarana


Si narra di un nobiluomo vicentino che aveva una figlia, Jana, dal bellissimo volto ma dal corpo piccolino, era nata nana. Il padre che amava molto la figlia, le fece costruire una grande villa ai piedi di Monte Berico, lontano da occhi indiscreti e la circondò di uno stuolo di servi della sua stessa statura pronti a soddisfare ogni suo desiderio. In questo modo, pensava il padre, non poteva rendersi conto della sua diversità né avere contatti con persone provenienti dal mondo esterno la villa che avrebbero potuto procurarle inutili sofferenze e frustrazioni.

Alla fanciulla era stato infatti proibito di affacciarsi alle finestre della villa che davano sulla strada mentre poteva girare tranquillamente per il parco, Jana non poteva nemmeno uscire da quella gabbia dorata, viveva felicemente inconsapevole di come fosse effettivamente la realtà fuori fuori da quelle mura. Jana ormai si era fatta una giovane donna ma non aveva fino ad allora conosciuto né le gioie né i dolori dell'amore. Crescendo la ragazza si era fatta sempre più curiosa e decise che era arrivato il momento di sperimentare di persona il mondo "fuori le mura" aggirando così i divieti del genitore.

Un giorno si affacciò proprio ad una delle finestre che davano sulla strada sottostante proprio nel momento in cui stava transitando a cavallo  un giovane principe che vedendo il suo bel volto se ne invaghì. Jana per timidezza quel giorno non uscì sul terrazzo e rimase affacciata alla finestra a ricambiare il cortese saluto del principe poi i due si accomiatarono, il giorno successivo più o meno alla stessa ora Jana si affacciò di nuovo a quella finestra nella speranza di rivedere quel bel principe a cavallo, si sentiva battere forte il cuore in petto, poi pensò: "E se non viene?" ma tale dubbio fu fugato dopo poco tempo, lungo la strada le parve di sentire da lontano il rumore della cadenza tranquilla degli zoccoli di un cavallo, era il suo principe! ne era sicura. 

Con il cuore in gola si sporse più che poté dalla finestra ed alla fine lo vide arrivare. Per l'occasione Jana aveva indossato il suo vestito più bello e visto che era primavera aveva messo tra i capelli dei piccoli fiori azzurri a mo' di coroncina, questa volta il principe si sarebbe fermato a parlare con lei e lei sarebbe uscita in terrazzo, voleva mostrarsi a lui e fargli vedere quanto era bella. Quando finalmente il principe arrivò i due ragazzi si misero a conversare e dopo un po' Jana prese coraggio ed uscì in terrazzo. Ma quando lei uscì e si mostrò per com'era vide sul volto del principe un'espressione di orrore e fuggì lasciando che Jana continuasse a chiamarlo a voce alta. A quei richiami della ragazza i nani della servitù, erano diciassette, corsero tutti in cima al muro di cinta per vedere cosa stava succedendo. 

La ragazza disperata dalla reazione del principe realizzò per la prima volta nella sua vita ciò che era, e ciò che era, ne era convinta Jana, faceva inorridire il suo bel principe. Tra le lacrime per quella pena d'amore e per il suo aspetto che ora percepiva come "diverso" Jana andò incontro al suo destino infelice: proprio da quel terrazzo si tolse la vita gettandosi nel vuoto.

Si narra che i suoi fedeli servitori, saliti sul muro di cinta rimasero impietriti dal dolore nell'assistere alla triste sorte della loro padroncina e ancora oggi li si può vedere in questa triste posa.

 Riporto anche una versione della leggenda di Jana in dialetto veneto:

"Cò te passi el Cristo,'pena zo da Monte, te pol ciapare par na stradela indove te par che anca i griji tasa, incantà dai cocòli che se fa i morosi inte la chiete dei cantoni pi riomàntici e sconti. A te te caterè presto passejar drio na mura che costeja la magnifica Vila Valmarana e là, da l'alto, fa la guardia on s'ciaspo de nani in piera: chi co la facia bièrba e sgaja, chi perso drio i sò pensieri, chi vestìo a la manco pezo e chi che fa 'l galeto co 'l so costume de corte e paruca insiprià. Vòle la tradission che ste creature, ani enòri, fusse custodi de la "Jana", pricipessa che, par so scarogna, jera "nana".

I sui, par no farghe pesare la sò diversità, la gavea da sùito tegnù sarà co 'l scroco 'te la Vila, metèndoghe al servissio na corte intiera de nani, da i servidori a le dame de compagnia, da i cavalieri ai òmani qualunque che inte on regno qualsiasi se pol catare. Adiritura, la legenda conta che parfina i animai che la gavea torno fusse "nani", e le piante, e i fioriche spaniva torno a chel lògo... Ma anca se na natura maregna gavea vossudo saràrghe a sta pora tosa la speransa de poder on dì conossàre l'amore, la Jana la gavea tuti i sogni che da senpre tàmbura 'tel core de le zovanette, cò le riva a l'età da marìo.

E na matina la principessa, fin che la varda fòra dal balcon, la vede al de là de la masièra on cavaliere belo 'fa 'l sole, inmagà davanti a l'armonia de la natura de la "Valletta del silenzio". La Jana se inamora de paca ma, 'tel stesso momento, la capisse anca la so "diversità" xe 'n inpedimento massa grando e che no la podarà mai sperare che 'l so amore par el bel cavaliere spanissa e vegna liberamente ricanbià.... Par la disperassio, la se trà zo dal balcon e tuti i nani de la Vila, par el dolore de la so morte, resta pietrificà".

autrice: Ines Scarparolo







Diciassette statue di nani si affacciano sul muro di cinta e danno il nome alla Villa. Attorno a queste figure enigmatiche è nata la leggenda di Jana


La Villa, è diventata di proprietà nel 1720 della nobile famiglia vicentina dei Valmarana, che tutt'ora vi abita, è aperta al pubblico, così come la attigua villa più conosciuta: Villa Capra detta "La Rotonda" del Palladio ed anch'essa di proprietà dei Valmarana. Le due Ville distano poche centinaia di metri l'una dall'altra.




Classico esempio di "Villa di campagna", Villa Valmarana fu inizialmente costruita per conto del giuriconsulto Gian Maria Bertolo nel 1669. 

Nel XVIII secolo, l'ultimo della Repubblica di Venezia, la vita dei nobili era tutta assorbita da divertimenti e ostentazione: le ville lungo la Riviera del Brenta ospitavano spesso feste sfarzose che duravano anche più di un giorno. Con la necessità di alloggiare gli invitati le barchesse - ovvero i granai sotto le cui arcate in cui venivano riposte le barche - furono trasformate in foresterie per assolvere a questa esigenza: ospitare i "foresti" cioè coloro che venivano da fuori, in questo caso gli ospiti dei nobili. Così fecero anche i Valmarana. 

La palazzina principale e la foresteria furono affrescate da Giambattista e Giandomenico Tiepolo.


 


Gli affreschi di Giambattista e Giandomenico Tiepolo

"Oggi ho visitato la Villa Valmarana decorata dal Tiepolo che lasciò libero corso a tutte le sue virtù e alle sue manchevolezze. Lo stile elevato non gli arrise come quello naturale, e di quest'ultimo ci sono qui cose preziose, ma come decorazione il complesso è felice e geniale."

da: Diario del viaggio in Italia - Goethe, 24 settembre 1786








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